Sabato 12 Gennaio in un freddo e soleggiato pomeriggio d’inverno si è svolta la 15esima edizione della manifestazione che permette agli addetti e appassionati di assistere all’apertura dei caratelli.
Da molti anni appuntamento fisso anche per la delegazione Fisar di Pistoia.
In questa zona la produzione vitivinicola e’ sempre stata in ombra rispetto a quella dei cugini delle grandi denominazioni Toscane. Da quanto abbiamo potuto degustare, nel territorio pistoiese le aziende hanno le carte in regola per poter emergere.
Esistono varie teorie sulla nascita del Vin Santo; a prescindere da quale sia quella giusta, e’ fin dal medioevo che se ne sente parlare. Detto il vino della festa, quello da offrire agli ospiti piu’ graditi, quello che difficilmente manca nella casa di un buon toscano. E’ un elemento ben radicato nella tradizione.
Entrare nella vinsantaia suscita curiosita’ e un pizzico di emozione. Non capita tutti i giorni di vederne una. Le aspettative prendono piede mentre aspetto l’inizio dell’evento. – Si inizia! – Giuseppe Marini racconta il prodotto. Solo i migliori grappoli di Trebbiano e Malvasia possono concorrere a questa produzione: appena raccolti e adagiati sui “Castelli di canicci” e “Pendane”, vengono fatti appassire per almeno tre mesi. Questo e’ il momento in cui inizia la prima trasformazione, l’acqua contenuta negli acini a poco a poco diminuisce mentre lo zucchero si concentra; tutto cio’ permettera’ al vino di avere un tenore alcolico adeguato e di conservare una componente dolce.
Il nettare ricavato dalla pressatura viene messo a fermentare per tre anni in caratelli di varie dimensioni, fatti di legno di castagno o di rovere, con la “madre” (residuo della precedente fermentazione da’ al mosto caratteristiche e aromi assolutamente unici) o senza, nuovi o usati. Tutte queste differenze influenzano in maniera netta il vino, aspetto importantissimo per la degustazione che stiamo affrontando. Un paio di martellate, et voila’, il primo caratello e’ aperto.
Si passa all’assaggio.
- Primo caratello con capienza di 60 litri (legno di castagno al quarto passaggio, 15 anni, con “madre”): Ne esce un vino di colore ambrato scuro con profumi netti che vanno dal mallo di noce al miele di castagno, albicocca essiccata e canditi. All’assaggio risulta pieno e deciso, la componente acida lascia presagire grande longevita’.
- Secondo caratello con capienza di 60 litri (legno di castagno nuovo con “madre”): Colore simile al precedente con un naso totalmente diverso, potente e chiuso allo stesso tempo. Il bagaglio aromatico e’ chiaramente in elaborazione, ci vorra’ del tempo perche’ riesca ad esprimere il suo potenziale. Le stesse sensazioni si ritrovano in bocca, ha carattere. Nel blend finale influira’ sulla struttura e la personalita’. Ne vedremo delle belle.
- Terzo caratello con capienza di 50 litri (legno di rovere al secondo passaggio, 6 anni, senza “madre”): Ambrato chiaro, il colore e’ splendente. Regala profumi ammalianti e piacevoli, il bouquet e’ variegato, spazia dal dattero ai fichi secchi, dalla vaniglia all’uva passa, ha mineralita’, sentori di spezie dolci… L’assaggio e’ elegante, rispecchia in pieno quanto sentito al naso. Sembra quasi gia’ pronto per la vendita. Delizioso.
- Quarto caratello con capienza di 100 litri (legno di castagno all’ottavo passaggio, 24 anni senza “madre”): Giallo ambrato lucente, con profumi intensi di datteri, noci e miele con una piacevolissima nota balsamica che tende al mentolato. Gusto pieno, deciso, dolce ed avvolgente.
Assistiamo a un’affascinante pratica enologica che solitamente resta dietro le quinte. Fabio Marini, figlio di Giuseppe assembla i quattro vini degustati. Possiamo quindi ritrovare in un nuovo calice, il quinto, l’intreccio delle caratteristiche elencate finora: il vino ha acquistato potenza, eleganza e bagaglio aromatico. Ottenuta la giusta alchimia, il Vin Santo sara’ messo in tonneaux da 500 litri a maturare per 12 mesi e soltanto dopo questo periodo potra’ essere imbottigliato. Servira’ ancora un anno di attesa prima della messa in commercio.
Vale la pena ricordare gli interventi di Riccardo Guerrazzi ed Angelo Laino, rispettivamente delegato e segretario della delegazione FISAR di Pistoia, a sottolineare quanta competenza, impegno e lavoro ci siamo dietro ogni bottiglia; sono questi i fattori umani e culturali che possono valorizzare la territorialita’ del prodotto. La degustazione finisce tra gli applausi dei presenti.